In viaggio per “Montanari 2.0”: Abruzzo on the road (parte II)

Vorrei poter annunciare in modo trionfale il mio arrivo in Calabria, invece indovinate un po’: sono ancora qui a parlarvi di Abruzzi. La buona notizia (per questo uso il plurale) è che lo sto facendo dal Molise, di cui vi racconterò più avanti e dove l’accoglienza ricevuta mi ha letteralmente stordito, costringendomi a fermarmi più del previsto e a prolungare ulteriormente questo incredibile viaggio.

Durante le ultime scampagnate in terra d’Abruzzo ho continuato a importunare chiunque mi capitasse a tiro e così facendo mi sono infilato in tante situazioni interessanti e squisitamente wild. Nello specifico, ho visitato altri splendidi borghi vuoti di uomini e pieni di umanità, dove la resistenza all’abbandono è tenuta viva da amministratori lungimiranti e comunità operose; ho cronoscalato la famigerata direttissima del Canalone condividendo imprecazioni e riflessioni sulle aree interne con il mio antropologo di fiducia; ho dormito in tenda all’ombra del monte Sirente che sapevo di brace e arrosticini, dopo aver “assaggiato” un numero imprecisato di genziane fatte in casa; acquattato tra i ginepri ho atteso invano il lupo e l’orso, ma per la seconda volta nella mia vita ho avuto il privilegio di incrociare lo sguardo con un gatto selvatico; ho dormito in un cubo di vetro circondato da cervi e altri selvatici ai piedi della Montagna Madre, condividendo un fuoco e una notte di luna con un pittore di faggi; ho osservato incredulo una volpe mentre mi rubava sotto al naso prima il formaggio e poi pure la focaccia, trovando se non altro la forza di reagire quando si è trattato di difendere il vino; in compagnia di pastori a due e quattro zampe ho pascolato delle adorabili capre, ritagliandomi in pochissimi giorni il ruolo di zimbello del gregge; ho condiviso i ritmi e le nottate in bianco con due artisti emergenti della caseificazione, imparando a fare la ricotta e dimezzando le loro scorte di formaggi; infine, dopo tante fatiche, ho recuperato energie e ore di sonno alloggiando nell’ex dimora di un conte, trattato come un re.

In Abruzzo ho lasciato sicuramente un pezzo di cuore (e con tutta probabilità un po’ di fegato) e salutando questa terra e i suoi abitanti, miracolati da una quantità indecente di cose belle, mi frullano in testa sensazioni e ricordi che finiscono per condensarsi in un unico pensiero: la certezza di volerci tornare il prima possibile!

MIM – Montagne in Movimento
Comune di Gagliano Aterno
MajellaTrekking
Casetta Bianca
Casino Barbolani

Il parco del Sirente-Velino
Il rifugio di fonte Canale, dove ho passato due giorni in compagnia di alcuni ragazzi del posto e di innumerevoli tipi di genziana…
Raffaele, il mio antropologo di fiducia, evidentemente a corto di ossigeno dopo la salita spaccagambe del Canalone. In questa foto Raffaele sembra un pazzo e invece è completamente folle: pensate che è tra i fondatori di MIM – Montagne in Movimento, un collettivo di studenti e ricercatori che si sono messi in testa di far rivivere borghi minuscoli sulle pendici di montagne immense. Per dovere di cronaca devo precisare che sembro un nano perché lui è una stanga.
Gagliano Aterno: pochi uomini, tanta poesia
Raffaele cercava un luogo adatto per svolgere le sue ricerche di antropologia applicata, Luca, sindaco di Gagliano Aterno, ha visto in lui un alleato e tra i due è nata una collaborazione che ha già portato in paese altri ragazzi e tanto fermento. Giovani, competenti, aperti e determinati: Luca e Raffaele sono l’esempio perfetto di come amministrazioni e ricerca possano collaborare per dare vita a progetti rivoluzionari. Qui siamo nel chiostro del monastero di Santa Chiara, un edificio storico dal valore inestimabile e oggi praticamente inutilizzato, che i due sognano di far diventare il cuore pulsante del borgo con l’apertura di attività commerciali e laboratori artigianali. Personalmente, sono pronto a scommettere che ci riusciranno. Comune di Gagliano Aterno
Il Pine Cube, “un esclusivo osservatorio per il paesaggio e la fauna. Un cubo di vetro, legno e metallo sollevato da terra e inglobato tra i rami di un pino. Raggiungibile solo a piedi, il PineCube è nato come luogo d’ispirazione e di meditazione oltre che d’osservazione” (www.pinecube.eu)
Il mio viaggio mi sta concedendo tante emozioni, ma passare una notte nel Pine Cube è stato un vero privilegio!
Poco dopo il tramonto la luna sorge dalla Montagna Madre, preannunciando una notte magica dove ombre e luci si inseguiranno regalandomi sogni e visioni
Dopo aver visto orsi e lupi immaginari in ogni cespuglio di ginepro illuminato dalla luna, alle prime luci dell’alba inizio a scattare fotografie ai cervi che pascolano intorno all’osservatorio.
William, artista e accompagnatore di media montagna, è l’uomo che ha immaginato, progettato e costruito il Pine Cube. A metà mattina, mentre prendevamo tranquillamente il caffè convinti che la giornata di osservazione fosse ormai terminata, un rumore ha attirato la mia attenzione e la vista acutissima di William ha scorto qualcosa che ci osservava da dietro un masso…
Il mio secondo incontro con un gatto selvatico!
Una distrazione, pochi secondi lontani dal bivacco e il nostro pasto è andato a farsi benedire. Per fortuna siamo tornati in tempo per salvare il salvabile: passi il formaggio e passi pure la focaccia, ma il vino ciccina te lo scordi.
Tra i pascoli della Majella orientale, dove Leonardo ha scelto di svolgere l’attività di pastore secondo le tradizioni del luogo, passando gran parte della giornata in compagnia delle sue capre, così da garantire loro sicurezza e nutrimento.
Insieme a lui una schiera di pastori abruzzesi, perfettamente integrati nel gregge e pienamente consapevoli del loro ruolo di guardiani
Il gregge è un sistema complesso e la fiducia reciproca tra pastore, capre e cani gioca un ruolo fondamentale: l’interazione tra le specie è così profonda da creare scene commoventi e surreali.
Al tramonto, dopo una giornata di duro lavoro i cani si riposano mentre Leonardo, nella stalla, avvia la lunga operazione di mungitura
La mungitura a mano, effettuata due volte al giorno e molto faticosa, concede a Leonardo e ai suoi animali momenti di intimità che testimoniano un profondo legame affettivo
Un giovane capretto che ho soprannominato Cozzetto, per la sua mania di starmi sempre appiccicato
La rottura della cagliata è un’operazione delicata che richiede pazienza e competenza: è qui che Leonardo, alla continua ricerca di un prodotto di eccellenza, può sfogare tutta la sua creatività, trasformando un semplice laboratorio di caseificazione in un vero e proprio atelier.
Ricotte pronte, per la gioia dei locali che non aspettano altro!
Tanta fatica, ma quanta soddisfazione: il modo in cui Leonardo osserva i risultati del suo lavoro basta da solo a spiegare il perché di una scelta di vita difficile ma estremamente gratificante
Martina, studentessa dell’università di Perugia, segue le capre al pascolo aiutandosi con una GoPro per registrare nel dettaglio cos’hanno mangiato. I dati, minuziosamente raccolti nell’arco di mesi, serviranno a dimostrare come il latte prodotto da animali al pascolo sia di qualità superiore rispetto a quello degli allevamenti intensivi.
Antonio, detto Salomone, pastore storico del territorio che ha contribuito con le sue capre alla nascita del gregge della Fattoria Casetta Bianca. Scegliere animali locali piuttosto che razze blasonate significa rinunciare a quantità elevate di latte, in favore di animali perfettamente adattati al territorio e alle sue risorse.
A proposito di connessioni loro sono Irene e Grigetta, l’ultima nata e mascotte della Fattoria Casetta Bianca
Quando sei l’ultima ruota del gregge e sei sottoposto a continui sabotaggi… ti conviene riderci sopra!
Un chiaro esempio di come simulo interesse pregustando l’imminente scorpacciata di formaggi
Passare la giornata al pascolo vuol dire lavorare in caseificio di notte, fino alle due magari, o anche alle tre, se c’è di mezzo un apprendista particolarmente impacciato
La splendida dimora del Conte Barbolani, nei pressi di Lettopalena a pochi passa dalla fattoria, oggi ristrutturata da un’associazione di giovani e trasformata in luogo di ricettività per gli amanti della natura.
I momenti di conforto sono necessari per sopravvivere alle fatiche di un lungo viaggio
Il bellissimo borgo di Pizzoferrato, visto al tramonto dalla rupe che lo sovrasta.
Cozzetto ha letteralmente divorato il mio libro!
Al ritmo delle stagioni
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