“Montanari 2.0”

“Montanari 2.0”

Storie di sognatori con i piedi per terra

Dall’autore di Un anno di vita in montagna il racconto di un Appennino in bilico tra abbandono e speranza, un’avventura raccontata con ironia e passione per dare voce a chi ha fatto della montagna la propria casa. E per stimolare chi sogna di intraprendere un proprio cammino di liberazione.

Storie di sognatori
con i piedi per terra

Dall’autore di Un anno di vita in montagna il racconto di un Appennino in bilico tra abbandono e speranza, un’avventura raccontata con ironia e passione per dare voce a chi ha fatto della montagna la propria casa. E per stimolare chi sogna di intraprendere un proprio cammino di liberazione.

Novità!
Dicembre 2022

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21 recensioni (media voto: 5)

432 pagine, rilegatura filo refe
Stampa di qualità tipografica su carta ecologica, copertina in cartoncino martellato “Tintoretto” (non plastificata)

20,00

Categoria:

È possibile acquistare due libri a prezzo scontato:
“Un anno di vita in montagna” (2017) e “Montanari 2.0” (2022) a 30€ invece di 38€

Per acquistare i due libri in offerta clicca qui

È possibile acquistare due libri a prezzo scontato:
“Un anno di vita in montagna” (2017)
“Montanari 2.0” (2022)
30€ invece di 38€

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“Vivevano spesso in zone dove il segnale vacillava e come me erano sempre a corto di giga, eppure la loro connessione non pareva limitarsi a un fatto virtuale, dava l’impressione di estendersi a molteplici aspetti della vita. Più ascoltavo le loro storie più mi apparivano connessi in senso più ampio: con la natura, con se stessi, con le proprie aspirazioni e con il resto del mondo”

È possibile vivere in montagna senza rinunciare alla modernità, trovare spazio per concretizzare aspirazioni rurali e coltivare un futuro diverso?

Per cercare di capirlo ho viaggiato oltre quattro mesi lungo la catena appenninica, dalla Liguria alla Basilicata, trascorrendo giornate selvatiche in compagnia di vecchi e nuovi montanari, boschi e coltivi, contadini e artisti, “abitanti temporanei” e nomadi digitali. Guidato da un fiuto impeccabile per i guai e il buon cibo, ho percorso territori ricchi di storia e natura e quello che ho trovato mi ha davvero spiazzato: interi paesi abbandonati, valli punteggiate di ruderi, campi e pascoli invasi dai rovi; lupi, orsi e caprioli a riempire i vuoti lasciati dall’uomo. E in mezzo a questa desolazione, come fiori spuntati tra le macerie di un lungo inverno, una costellazione di storie. Le storie di chi, di fronte al dubbio se fosse possibile o meno, si è detto che almeno valeva la pena provarci.

Come? Costruendo reti di relazioni sorprendentemente capaci di rompere distanze e solitudini, quella atavica del montanaro e quella ben più profonda che affligge l’uomo moderno.

Domande & risposte

Sì e no. È un progetto nato da quell’esperienza (sia di vita che editoriale) e ne ricalca pensiero, stile e argomenti. Ma è anche, per forza di cose, un libro molto diverso, in cui la mia storia personale fa da cornice a una narrazione collettiva. Negli ultimi anni ho attraversato momenti difficili e cambiamenti profondi che mi hanno spinto a compiere questo viaggio intrecciando una voglia di rinascita personale con il fermento e la vitalità che scuotono l’Appennino. Questo libro è per me un seguito, una conclusione e al tempo stesso un inizio.

Non direttamente. “Montanari 2.0” è un progetto multimediale che unisce diario di viaggio (il libro cartaceo) e reportage fotografico (online). Le fotografie realizzate durante il viaggio sono pensate per accompagnare la lettura fornendo un “supporto visivo” al testo e sono pubblicate qui. Al lettore la scelta se guardarle prima, dopo o durante la lettura.

L’autopubblicazione è una scelta in linea con lo stile di vita che racconto. Autopubblicazione è sinonimo di autonomia, libertà creativa, fiducia nei propri mezzi e voglia di uscire dagli schemi. Proprio come il vivere in montagna. 

Autopubblicazione è anche il rifiuto di un modello imprenditoriale e commerciale (praticato in Italia dalla maggior parte dei grandi editori) che punta tutto sulla quantità a scapito della qualità, che non valorizza il lavoro degli autori e non premia l’originalità.

È il prezzo minimo che riesco a proporre. Ho lavorato a questo progetto per due anni a tempo pieno (nel vero senso della parola!), curandolo nei dettagli e investendo una gran quantità di risorse, anche economiche, per portarlo a termine. Le spese e le incombenze dietro un prodotto editoriale sono tante e in continua crescita, dai costi di stampa alla gestione di un ecommerce, dalla logistica delle spedizioni fino alle questioni fiscali e burocratiche. Il libro in sé, inoltre, è un oggetto tipografico di qualità: 432 pagine rilegate a filo refe con copertina in cartoncino martellato, per offrire a tutti gli appassionati una piacevole esperienza di lettura.

Fotografie di Tommaso D’Errico

(Scorri verso destra per vedere altre immagini)

Questo libro è accompagnato da una serie di reportage fotografici pubblicati qui. Le immagini raccolte spaziano attraverso vari generi, dalla fotografia naturalistica a quella documentaria e seguono lo svolgersi del racconto affiancando al testo scritto una narrazione visiva parallela e complementare. Al lettore la scelta se consultarli prima, dopo o durante la lettura.

Recensioni

Apr 14, 2023
di Marcello
Luogo: Romagna
Età: 43
Verso un mondo migliore!

Già dal suo primo libro, le parole di Tommaso arrivarono per me come una profezia. Un sogno che si avverava (il suo), un sogno che si poteva avverare (il mio). Ed ecco, di nuovo, la conferma che i sogni vanno inseguiti.
La mia storia continua ad intrecciarsi con quelle narrate, quasi come fossi anch’io tra i protagonisti dei suoi libri. A partire dal titolo, Montanari 2.0. Montanari d’adozione (come me), di ritorno o di “restanza”. Questo libro è una fotografia, composta magistralmente, di una piccola ma rappresentativa parte di società che ha fatto scelte coraggiose, decidendo di abitare l’Appennino. Uno straordinario viaggio in un’Italia nascosta e silenziosa – almeno prima di questo libro – per conoscere e far conoscere tanti giovani e meno giovani che hanno intrapreso nuove attività o recuperato antichi saperi, ma in chiave moderna e alternativa. 2.0, appunto.
Un fenomeno che potrebbe interessare in futuro tante altre persone, visti i tempi che corrono, ma ne consiglio sinceramente la lettura a prescindere, perché sono storie belle, coinvolgenti, entusiasmanti e spesso molto divertenti, con lo stile ironico e scanzonato che contraddistingue la narrazione di Tommaso. Ma sempre intriso di profonde riflessioni sulla società e l’ecologia. Grazie ancora una volta Tommaso, per avermi fatto sognare ad occhi aperti (e coi piedi per terra) tra le tue pagine, ma soprattutto per avermi dato consapevolezza e rassicurazione di essere in buona compagnia ad aver preso questa strada. Verso le “terre alte”, verso un mondo migliore!

Mar 13, 2023
di Claudio
Luogo: Taglio di Po
Età: 49
Oltre le aspettative!

Avevo grandi aspettative, e questo libro le ha superate! La lettura è stata veramente nutriente, mi sono goduto il viaggio con lentezza e ho cercato di assaporare ogni capitolo con le sue particolarità. Ho trovato davvero una grande quantità di spunti, e soprattutto mi ha colpito l’equilibrio tra la “cronaca” delle varie tappe attraverso la dorsale dello stivale e la profondità delle riflessioni che l’autore riesce sempre a incastrare qua e là, tra un’escursione e una scorpacciata di cibi tipici. Non mancano citazioni colte, riferimenti utili e collegamenti sorprendenti – insomma, una lettura che stimola le connessioni sinaptiche non meno che l’appetito, destreggiandosi con disinvoltura tra gastronomia, geografia, antropologia e anche un po’ di filosofia.
Si percepisce chiaramente la passione genuina di Tommaso per lo stile di vita che racconta, e ci si ritrova immersi in situazioni ed incontri che lasciano un’impronta nei pensieri, storie di uomini e donne lontani fra loro ma in qualche modo uniti da fili che questo stesso libro rinforza. Alla fine della lettura rimane un misto di ammirazione e gratitudine per i montanari 2.0, il coraggio e l’impegno dietro le loro scelte, e lo straordinario concentrato di vita appenninica che questo libro rappresenta.

Feb 19, 2023
di Katia
Luogo: Provincia di Bologna
Età: 46
10 E LODE!

Montanari 2.0 è un viaggio vero e proprio lungo un Appennino ricco di luoghi, di vite e di cuori che battono per ciò in cui credono davvero. Si percepisce tutta la fatica che questa vita montanara comporta, ma si evince una notevole voglia di farsi conoscere e farsi rispettare. Il tutto coronato dalle incredibili immagini fotografiche che Tommaso ha raccolto durante le sue tappe e visibili sulle sue pagine social. Io una recensione la farei anche a questo artista per il meraviglioso lavoro che fa e la passione che trasmette, dove capisci subito da una foto chi sono i personaggi che incontri nel libro e che prendono vita e tutto magicamente si completa. Tommaso 10 e lode a te e a Montanari 2.0!

Feb 15, 2023
di Mara
Luogo: Valle d’Intelvi (CO)
Età: 40
Ti aspettiamo

Appena finito di leggerlo! Il primo libro mi è piaciuto molto ma questo persino di più!! Io vivo in un paesino a quasi 900 metri di altezza, amo la montagna ma tu con questo libro me l’hai fatta amare ancora di più! Ti auguro il meglio e soprattutto spero in un altro libro ricco di emozioni come questo. E come hai scritto nel finale… all’ora di pranzo potresti bussare alla porta… quando vuoi qui da noi la porta è aperta, con molto piacere: qua in val d’Intelvi è uno spettacolo e chissà che non ti offra spunti per un nuovo racconto!

Gen 28, 2023
di Pamela
Luogo: Monza
Età: 45
Un manifesto del buonvivere unito al buonsenso

“Montanari 2.0” è un saggio meno formale e un reportage narrato, sapientemente scritto e abilmente fotografato (vedi blog).
È un manifesto del buonvivere unito al buonsenso! Un lungo racconto che narra le storie di chi, nonostante tutto, sceglie di vivere in comunione con la natura senza rinunciare alla socialità e alle sue tanto utili quanto fragili connessioni.

Ogni volta che esce con una nuova pubblicazione, questo Montanaro DOC (Montanaro di Origine Cittadina, come Tommaso si definisce) ha il potere di toccare certe corde e farle vibrare, tant’è che nell’ultimo capitolo sembra di leggere un po’ di Thoreau e un po’ di Muir insieme.

Gen 17, 2023
di Angela
Luogo: Vaprio d’Adda
Libro stupendo, persino più del primo!

Bellissimo davvero, racconta una realtà meravigliosa e vera.
Un libro stupendo, persino più del primo… l’ho divorato!!!

Gen 16, 2023
di Patrizia
Luogo: Gallarate
Grazie Tommaso!

Con il suo primo lavoro, “Un anno di vita in montagna”, Tommaso ci aveva raccontato la sua personale esperienza di abbandono della città verso un radicale cambiamento di vita da “vero montanaro”, scegliendo come meta una delle valli più belle e selvagge d’Italia: la valle Maira. Quello che avevo subito apprezzato era che alla componente del sognatore (ignaro delle mille difficoltà che avrebbe affrontato) accostava la consapevolezza che la modernità, per tanti aspetti alienante, offriva allo stesso tempo strumenti formidabili che avrebbero potuto contribuire alla realizzazione del suo progetto di cambiamento. Un elemento questo che ritroviamo in tutte le storie di “Montanari 2.0”.

Fin dalle prime pagine Tommaso ci prende per mano con la sua prosa scorrevole e accattivante e ci accompagna in un viaggio lungo la dorsale appenninica, dalla Liguria alla Basilicata. Ci fa incontrare tante persone eccezionali, cittadine del mondo, spesso con esperienze di lavoro e di vita all’estero ma accomunate dal richiamo delle radici, dal desiderio di una vita magari più faticosa ma più vera. Queste persone tornano a vivere in piccoli e sperduti borghi apparentemente desolati che tuttavia trasudano ricordi aviti, vestigia di una vita antica, dura, povera ma ricca di valori (parola abusata ma qui insostituibile) degni di essere recuperati e rigenerati inserendoli in quella modernità che può renderli di nuovi attuali e, perché no, motori di un nuovo rinascimento.

“Montanari 2.0” è un libro che si legge tutto d’un fiato. Ogni capitolo è una scoperta geografica (più di una volta sono ricorsa a Google Maps!) e umana. Conosciamo Leonardo e Irene e le loro caprette (i miei preferiti), William e il suo Pine Cube (che sogno), Roberto e i suoi gruppi di bimbi “esploratori”, Chiara e i suoi asinelli, le ragazze di C.A.S.A sui monti Sibillini e decine di altre persone che finirete per amare come vecchi amici. E girando l’ultima pagina ne avrete già nostalgia.

Grazie Tommaso!

Gen 14, 2023
di Francesca
Luogo: Gaiole in Chianti (SI)
Età: 46
Oltre gli orizzonti

Se avevo amato “Un anno di vita in montagna”, ho semplicemente adorato “Montanari 2.0”!! Devo dire che mi ha sorpreso, l’ho comprato senza sapere di cosa parlasse nello specifico e non mi aspettavo di leggere di tante vite diverse, ma collegate fra loro dalla passione per le montagne, dalla forza d’animo e dai sogni. Un libro che avrei letto in un batter d’occhio, considerando che sono una lettrice incallita, ma essendomi affezionata a Tommaso, ai personaggi, ai luoghi…me lo sono gustato lentamente, come una cura per l’anima. Una scrittura fluida, pulita, ma ricca nelle descrizioni, tant’è che in alcuni passaggi mi sono ritrovata col magone ed in altri a ridere di gusto. Un libro che consiglio vivamente di leggere, soprattutto a chi non è più capace di sognare, chi non sa che gli orizzonti “sono fatti per guardarci oltre” (cit. Tommaso D’Errico).

L’unica controindicazione di questo libro è che appena si finisce viene voglia di fare uno zaino e incominciare lo stesso percorso di Tommaso sulla dorsale appenninica!

Mi auguro davvero di riuscire a visitare almeno qualcuno di questi posti, e grazie di cuore per questo piccolo capolavoro, mi ha insegnato tanto ed è stato la riprova che la scelta che ho intrapreso è quella giusta per me stessa, il mio benessere mentale e fisico e, quindi, anche per chi mi sta intorno.

Premessa
Una nuova vita

Primavera

Il risveglio
Zappando si impara
Le regine della foresta
Natura o tecnologia?
Shopping… selvatico
Cronache dalla borgata

Estate

Montanari DOC (Di Origine Cittadina)
Ël bocin l’è andé
I doni della terra
Un pisello per ghermirli
Per un pugno di piume
La montagna con sopra il lupo
L’ombelico del mondo

Autunno

La vita segreta del bosco
Spacca che ti passa
Artigianato: la libertà del saper fare
Pane, amici e fantasia
Non ci resta che cucinare

Inverno

Un altro pianeta
Quando il freddo si fa duro
L’arte di passare il tempo
Masche e masconi

Conclusioni

Dal capitolo “Una nuova vita”

Era l’aprile del 2015 quando spegnevamo le luci della mansarda in periferia di Roma, caricavamo la piccola Citroen fino a farla scoppiare e ci mettevamo in marcia che era ancora buio per un lungo, lunghissimo viaggio. Destinazione Valle Maira, provincia di Cuneo.
Quasi dieci ore di pellegrinaggio, seicento interminabili minuti scanditi uno per uno dai miagolii di protesta di Camilo e Remedios. I nostri gatti, chiusi in un gigantesco trasportino sul sedile posteriore dell’auto, proprio non mandavano giù quel trasloco forzato. Allergici ai cambiamenti e allarmati da qualsiasi novità, si sarebbero aggrappati con le unghie alle loro vecchie abitudini nonostante conducessero una vita monotona e noiosa, confinati in un ambiente artificiale e povero di stimoli che si traduceva in tic nervosi e deliranti ossessioni comportamentali. Per una vita di infelicità e disagio avrebbero lottato fino alla morte.
Quante persone fanno lo stesso, si aggrappano alla certezza di una familiare disperazione e finiscono per difenderla e apprezzarla pur di non affrontare la paura del nuovo? Quante volte il cambiamento ci terrorizza bloccando la volontà di agire e impedendoci di valutare serenamente le opportunità? […]
Manca poco all’alba quando usciamo dal Grande Raccordo Anulare, il lungo serpente di asfalto che abbraccia Roma stritolandola in una morsa di smog e malumore. La rampa autostradale sale su, arrotolandosi su sé stessa finché sembra di tornare al punto di partenza. Dall’alto la vista si allarga su un groviglio di strade, viadotti e giganteschi capannoni industriali. A perdita d’occhio. Nonostante l’ora il traffico è già intenso. Piccoli e grandi cubi colorati sfrecciano in tutte le direzioni rompendo la grigia monotonia. Una ciminiera al lavoro giorno e notte sputa nell’aria nubi di vapore bianche e dense come panna montata.
Un tir ci sorpassa strombazzando e mi fa quasi sbandare per lo spavento. I gatti per un momento ammutoliscono. Alessia mi lancia un’occhiataccia. Quando rallenti troppo la pena è il sorpasso, e io non sono mai stato un gran velocista. Se cambiare spaventa, a volte restare fa ancora più paura.
Mi concentro sulla guida, ma mentre ci allontaniamo dalla città lancio un ultimo sguardo nello specchietto retrovisore. Una folata di vento fa ondeggiare il pennacchio di fumo della ciminiera in qualcosa che assomiglia a un grottesco saluto. Sullo sfondo, strade e palazzi si schiacciano fino a diventare una linea piatta e incolore.
Sembra che quel sapientone di Einstein una volta abbia detto: “la logica vi porterà da A a B, l’immaginazione vi porterà dappertutto”. Mi chiedo se andare da A a B debba per forza essere sinonimo di noia e disillusione, se non esista un modo di viaggiare tenendo una ruota su entrambi i binari, quello della logica e quello dell’immaginazione.
Davanti a noi il sole si sta affacciando sull’orizzonte. Con un sospiro diciamo addio a tutte le certezze e imbocchiamo la strada che porta verso il nuovo giorno. […]

Dal capitolo “Zappando si impara”

Seminare a spaglio, così c’è scritto sulla bustina.
Bene, sembra facile. A spaglio. In un recesso della mia mente scorre la sequenza di un braccio che si piega e poi scatta come una molla, le dita della mano si schiudono e lasciano andare il contenuto. Come facevo da bambino, al parco, quando tiravo una manciata di coriandoli. Perfetto, dunque. Procedo con lo spaglio. Pugno di semini chiusi nel palmo della mano. Li sento premere sulla pelle. Mamma mia come sono piccoli questi semi. Ne avrò centinaia nella mano. In effetti… non saranno troppi? Che poi, per quanto ne so, potrebbero anche essere troppo pochi. E a pensarci bene, spesso al parco i coriandoli mi tornavano in faccia.
Poche storie. Mi preparo a compiere il gesto. Distendo il braccio, piego il gomito verso l’interno. Il muscolo è teso, pronto a scattare. La terra smossa mi guarda impaziente. Aspetta a braccia aperte la mia benedizione.
– Allora che faccio, spaglio?
Alessia mi guarda perplessa: – Certo, che aspetti?
– Ok. Ma, secondo te, quanto devo spagliar… spargerli? – accenno con la mano libera a misurare la lunghezza del bancale, un rettangolo scuro di terra viva che spicca tra il verde brillante del prato.
Lei risponde con un gesto vago: – Ma… così, ne butti un po’. Dai.
Ci penso su, fissando il bancale con lo stesso sguardo inebetito dei primi archeologi di fronte alla stele di Rosetta. Seminare a spaglio. Detta così sembra facile. Sparpagliare qua e là in abbondanza; gettare il seme a manciate sul terreno smosso. Così recita il vocabolario. Va bene, ma “quanta” abbondanza? E qua e là “quanto”? In poche parole, quanti semini più o meno per ogni metro quadro di terra? Cerco di risolvere il problema con approccio scientifico. Un metro quadro di terra fratto il numero totale di semini, diviso cento.
Mi volto di nuovo verso Alessia: – Ma un po’ quanti?
– Quanto pensi di andare avanti? – Alessia mette le mani sui fianchi. Sorride.
– Fallo te, allora – approfitto del suo assist, fingendo astutamente di essermi offeso per scaricarle la patata bollente. Ed è lei, come sempre succede quando io attivo la modalità «bambino lagnoso», a trovare la soluzione.
– Chiamo Monica, lo chiedo a lei.
Monica è molto più di una vicina di casa. È il nostro angelo custode.
– Monica, mi ricevi? Abbiamo un problema. No, direi che non è grave. Stiamo seminando l’insalata e… ecco, ci chiedevamo quanti semini dovremmo spargere sul bancale. Più o meno.
Dall’altra parte un momento di silenzio, poi un rapido fiume di parole. Mi arriva qualcosa all’orecchio. Piantine… tante… diradare… tranquilli. Alessia ringrazia, saluta, mette via il telefono. Mi guarda, divertita: – Dai, su. Lanciane un po’.
Sospiro. Guardo la terra nuda e profumata davanti a me. I raggi obliqui del sole la colorano di arancio. Tra poco fa notte. Chissà com’è stato, da bambini, gettare una manciata di coriandoli per la prima volta. Mi faccio coraggio. Lancio.
Un movimento impacciato, un po’ troppo teatrale. Resto imbambolato con il braccio teso e il palmo aperto rivolto verso l’alto. Sembro Cicerone durante un’oratoria, o un attore che recita Shakespeare. Immaginavo di vedere i semi fluttuare nell’aria, scintillanti nella luce del tardo pomeriggio, e ricadere con dolcezza disegnando arabeschi dorati sulla terra scura. Niente di tutto ciò. Colgo appena una manciata di polvere nera che si disperde, poi più nulla. Non capisco neanche bene dove li ho tirati. Mi gratto la testa. Guardo Alessia, sorrido. Penso che il giorno che vedremo spuntare i germogli delle insalate sarà davvero come assistere a un miracolo.
Coltivare un orto è un atto di liberazione. Diventare indipendenti nella fornitura di cibo per il proprio sostentamento significa rendersi fisicamente e mentalmente liberi. Non è un modo di dire: mangiare è la necessità più impellente di ogni essere vivente. Il cibo è l’unica cosa di cui non possiamo fare a meno per vivere e nel momento in cui smettiamo di produrlo con le nostre mani diventiamo dipendenti da ciò che utilizziamo per procurarcelo: il denaro. Invertendo il processo, tornando a produrre, possiamo un po’ alla volta allentare le catene che ci rendono schiavi del bisogno di soldi. Cosa che, alla fine, si traduce in più tempo a disposizione per vivere la nostra vita.
I vantaggi che derivano dal lavorare in proprio un pezzetto di terra sono innegabili e così numerosi che non è facile elencarli senza dimenticarne qualcuno. Il più ovvio e immediato è il salto di qualità della propria alimentazione. Zero chimica, zero genetica, prodotti sempre freschi o congelati immediatamente dopo il raccolto. Smettiamo di ingerire sostanze tossiche e quello che mangiamo, oltre che incredibilmente più gustoso, è più salutare e nutriente. La soddisfazione data dal cucinare e consumare qualcosa nato dalle proprie mani e accompagnato nei mesi dello sviluppo è enorme, e chiunque abbia mai provato sa bene di cosa parliamo. Da un punto di vista etico poi, comunque ci si comporti abitualmente, non può che far piacere sapere di non aver contribuito all’emissione di gas serra con l’astensione dall’acquisto e dal consumo di cibi prodotti in serra o finiti nelle nostre bocche dopo lunghi viaggi intercontinentali.
Zappare, vangare, arare, dissodare, diserbare a mano, sono tutti esercizi che liberano la mente e temprano il fisico meglio di qualunque palestra. Sono attività che ci permettono di passare del tempo all’aria aperta, sotto la luce del sole e a stretto contatto con la natura, piuttosto che confinati in maleodoranti scantinati illuminati al neon, stipati di attrezzi che sembrano strumenti di tortura di inquisitori medievali e pieni di narcisi sudati che si guardano di nascosto allo specchio, perdutamente innamorati dei propri muscoli. Come se non bastasse, mentre frequentare una palestra costa (e neanche poco) coltivare, al contrario, è un’occupazione che genera reddito.
Oltre che i muscoli alleniamo la mente: la cura delle piante è una forma particolare di esercizio zen, che libera dallo stress e abitua alla pazienza, alla devozione e all’attesa. Una pratica che ci fa entrare in comunione con la terra e con i suoi ritmi, permettendoci di ritrovare il benessere psico-fisico che deriva da un sano e continuativo rapporto con la natura. […]

Dal capitolo “Artigianato: la libertà del saper fare”

[…] La prima volta che ho realizzato un cesto, sono rimasto folgorato dal constatare cosa potevano essere in grado di creare le mie dita a partire da materie così semplici e da poche, elementari, tecniche di base. Nonostante usassi le mani da trent’anni per disegnare e dipingere, non ero mai stato veramente consapevole della possibilità di realizzare oggetti solidi, concreti. Avevo sempre pensato di essere negato per i lavori manuali e dato per scontato che si trattasse di una di quelle abilità distribuite casualmente prima della nascita, senza un apparente criterio di equità: a chi troppo e a chi niente. Io, ovviamente, figuravo tra gli esclusi. Poi, un bel giorno, mentre in pochi passaggi il mio cervello imparava a coordinare i movimenti delle dita in modo efficiente e, sotto la guida gentile di Sergio, una dopo l’altra le trame dell’intreccio si componevano davanti ai miei occhi, mi sono reso conto di qual era stato, fino a quel momento, il mio reale problema: non aver mai provato.
Se da un lato è sconcertante come l’istruzione in Italia presenti una lacuna così macroscopica, dall’altro la cosa non stupisce più di tanto. La manualità, intesa come capacità di saper fare con le proprie mani, è alla base dell’autosufficienza, probabilmente l’ultima preoccupazione di un sistema formativo che, al contrario, si impegna sempre più a crescere individui fisicamente e mentalmente dipendenti. Dipendenti dai lavori da dipendenti, se mi passate il gioco di parole, e dipendenti dagli acquisti per rifornirsi di ciò che non sono in grado di procurarsi o costruirsi da soli: praticamente tutto.
Le tecniche produttive industriali poi, con l’invenzione della catena di montaggio, hanno fatto sì che la manualità ancora necessaria – pochi gesti sempre uguali da ripetere all’infinito – non fosse più utile a nulla all’infuori della catena di montaggio stessa. In fabbrica l’artigiano diventa operaio: non è più l’uomo a produrre l’oggetto finale, ma una sequenza ben definita di macchine ed esseri umani-automi. L’unica cosa che può ancora produrre l’operaio è il proprio stipendio, condizione che lo incatena ai capricci del sistema economico.
Riacquistare le abilità manuali significa recuperare un altro pezzetto dell’indipendenza che ci è stata sottratta per trasformarci in lavoratori e consumatori passivi. Vuol dire allenare il cervello così come la nostra specie ha fatto per millenni, confrontandosi con la materialità dell’esistenza senza limitarsi alle astrazioni di un mondo sempre più informatizzato. Via via che progrediscono, capacità e competenze possono schiuderci possibilità neanche immaginate fino al giorno prima e offrirci bocconi sempre più grossi di libertà. «Creare è dare una forma al proprio destino», scriveva Camus; chissà allora, partendo da un cesto, dove si può arrivare. Se nel neolitico saper costruire qualcosa con le proprie mani era una questione di sopravvivenza, oggi potrebbe rappresentare un primo passo per non limitarsi più alla sopravvivenza, e iniziare a vivere. […]

Perché solo un anno? E dopo, siete tornati in città?

Ma neanche in catene! A distanza di anni siamo ancora in montagna e a tornare in città non ci pensiamo proprio. Il titolo si riferisce alla struttura del libro, che ripercorre un anno di avvenimenti seguendo lo svolgersi delle quattro stagioni. È anche un omaggio a “Un anno in Provenza”, di Peter Mayle, libro che mi ha molto divertito e ispirato con il suo stile disincantato e ironico.

Siete ricchi? / Occorre essere ricchi per scegliere di vivere in montagna?

Assolutamente sì. Per vivere in montagna occorre essere vergognosamente ricchi. Ricchi di spirito d’adattamento e d’avventura, tanto per cominciare. E poi ricchi di entusiasmo e passione. Ricchi di senso pratico e immaginazione. Ricchi di curiosità e di sogni nel cassetto. Ma, soprattutto, occorre essere ricchi di amore: per la natura, per gli animali, per se stessi e… per la montagna ovviamente!
Scherzi a parte, non essendo ricchi (di soldi!) e non godendo di rendite, abbiamo incluso nel libro il racconto di come ci siamo procurati un reddito vivendo lontano dalle città, a partire da percorsi di studio e professionali indirizzati alla creazione di impieghi “location independent”.
Abbiamo inoltre affrontato riflessioni più ampie su ciò che intendiamo per “reddito”. Nel nostro caso, ad esempio, è proprio grazie alle risorse, agli spazi e alle competenze che abbiamo trovato in montagna che ci è stato possibile ampliare le fonti di reddito, traducendo un ideale di vita orientato all’autoproduzione in possibilità e attività concrete, come far legna, coltivare, allevare animali, produrre oggetti con le proprie mani e in generale valorizzare le risorse offerte dall’ambiente.

Dal vero lo vorrei… non in un libro. Di quelli ne ho letti fin troppi!

Concordo… e lo dico anche nel libro! Allo stesso tempo, credo che leggere le testimonianze di chi ha affrontato questo percorso sia il modo migliore per farsi un’idea realistica della questione, veder spalancati nuovi orizzonti e iniziare a ragionare in modo concreto su un eventuale cambio di rotta (è stato così anche per noi).
Non ci sentiamo saggi né tantomeno dei profeti, ma è un dato di fatto che dal giorno della pubblicazione ci hanno scritto decine di persone, ringraziandoci per avergli fornito stimoli e punti di vista che hanno permesso loro di intraprendere cambiamenti anche radicali del proprio stile di vita.

Con tutti i titoli interessanti che trovo in libreria, perché dovrei acquistare online un libro autopubblicato?

L’autopubblicazione è una scelta in linea con lo stile di vita che abbiamo abbracciato e che raccontiamo. Autopubblicazione è sinonimo di autonomia, libertà creativa, fiducia nei propri mezzi e voglia di uscire dagli schemi. Proprio come il vivere in montagna.
Autopubblicazione è anche il rifiuto di un modello imprenditoriale e commerciale (praticato in Italia dalla maggior parte dei grandi editori) che punta tutto sulla quantità a scapito della qualità, che non valorizza il lavoro degli autori e non premia l’originalità.
Inoltre, per quanto si potrebbe discutere all’infinito su pregi e difetti dell’e-commerce, la vendita online di libri ha l’indubbio vantaggio di superare una grave carenza dell’editoria “classica”, le cui risorse (già esigue) sono bruciate in larga parte da un sistema di distribuzione inefficace e anacronistico, con centinaia di migliaia di libri che viaggiano in lungo e in largo, avanti e indietro senza una reale necessità (per poi magari finire al macero).
Detto questo, “Un anno di vita in montagna” si trova anche in alcune librerie. Se avete voglia, potete chiedere al vostro libraio di fiducia di contattarci per richiedere delle copie a prezzo speciale. In molti lo hanno fatto, e diversi librai, a distanza di anni, continuano a ordinare copie!

Ah, figo, come Walden di Thoreau! / Ma cos’è, la brutta copia di Walden?

Ehm… anche no. E poi, al massimo, ne è la “copia” più attuale!
Fermo restando che considero “Walden ovvero Vita nei boschi” una pietra miliare e ogni accostamento al grande Thoreau un’eresia, tra i due libri non c’è nessuna somiglianza, se non nello spirito di fondo che anima le scelte dei protagonisti. Come potrebbe, del resto? “Walden” è stato pubblicato nel 1854 (quasi due secoli fa!) ed è ambientato in Massachusetts, in un paesaggio pianeggiante e lacustre totalmente differente da quello alpino. Oltre al contesto, sono diversi lo stile narrativo e gli argomenti trattati. Con tutta la buona volontà, Thoreau non poteva parlare di smart working, del WWOOFING o di fotografia naturalistica!
“Walden”, inoltre, racconta un’esperienza solitaria ed eremitica, mentre il nostro approccio alla montagna è stato quello di aprirci alla comunità locale e di farci coinvolgere nelle attività quotidiane. Ciò che abbiamo trovato, di conseguenza, non è solitudine ma al contrario socialità e condivisione.
E ora, appurato che abbiamo tutti amato Thoreau, non avete voglia di provare qualcosa di più attuale e moderno?

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“Un anno di vita in montagna” (2017) e “Montanari 2.0” (2022) possono essere acquistati insieme a 30€ invece di 38€

Stampa di qualità su carta ecologica, 784 pagine totali
Rilegatura filo refe, copertina in cartoncino martellato “Tintoretto”

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Contatti / alritmodellestagioni@gmail.com