Spesa in giardino

La neve è sparita veloce com’era arrivata e, anche se le temperature restano prossime allo zero, nel giro di pochi giorni sembra tornata la primavera. Inizia così un momento davvero speciale nel ciclo delle stagioni: i prati si riempiono di verde… e con loro le nostre pance! È finalmente tempo di dedicarsi alla raccolta delle erbe spontanee e quest’anno, con l’emergenza che rende complicato fare la spesa, torna ancora più utile avere a disposizione sotto casa un gratuito e fornitissimo banco verdure ?

La nostra preferita è senza dubbio la ròsola del papavero selvatico, cioè la pianta che cresce e si sviluppa prima di dar vita al bel fiore che tutti conosciamo. Sono relativamente abbondanti e facili da trovare, di grosse dimensioni (ne bastano un paio per accompagnare un pasto per due persone), ricche di nutrienti (tranquilli, non hanno nessuna proprietà narcotica!) e soprattutto squisite. Il sapore ci ricorda tanto quello degli spinaci selvatici di cui ci abbuffavamo in Valle Maira, motivo per cui oggi queste foglie tenere e succose ci solleticano non solo il palato ma anche il cuore. Da queste parti, dopo averle scottate in acqua ed eventualmente saltate in padella, si usano per farcire i “cascioni” (anche detti “crescioni” o “cassoni”, piadine ripiene tipiche della tradizione romagnola) e noi, come potete immaginare, ci siamo adeguati ben volentieri all’usanza ?

Tra le altre specie ambite ci sono il tarassaco, da gustare in insalata e di cui si mangia anche il fiore, la pimpinella, l’erba cipollina, le violette usate per dolcificare budini e panne cotte, e gli “stridoli” (o “strigoli”), cioè le foglie della diffusa silene vulgaris, altra prelibatezza di cui i locali vanno ghiotti e che abbiamo imparato ad apprezzare a forza di sughi e frittate. Infine, last but not least, la comunissima ortica, tanto antipatica al tatto quanto buona da gustare, nutriente e salutare, mescolata in questo caso (vedi foto) con il solito impasto di patate e farina per preparare degli invitanti gnocchi verdi ?

Di erbe spontanee commestibili ce ne sarebbero ancora tante, ma la regola fondamentale è raccogliere solo quelle che si sanno riconoscere senza la minima possibilità di errore. Non mancano infatti le specie tossiche o velenose e gli imprevisti in questo campo sono sempre dietro l’angolo, come ricorderà chi ha letto il capitolo del nostro libro “Un pisello per ghermirli”, dove raccontiamo le nostre disavventure con degli ambigui piselli selvatici… (i quali, per la cronaca, hanno traslocato insieme a noi e a distanza di anni, in attesa di un verdetto definitivo, riposano ancora nelle profondità abissali del freezer!) ☠

Un tempo in campagna era pratica abituale raccogliere e consumare le erbe spontanee, che oltre a essere gratuite hanno l’enorme pregio di offrirsi a noi in un periodo dell’anno particolarmente critico (virus a parte), quando cioè l’inverno ha consumato le scorte e gli orti devono ancora iniziare a produrre. Gli anziani, rammaricandosi dell’abbandono in cui versano prati e pascoli, ci raccontano che un tempo ce n’erano di più ed erano più diffuse, perché sono sì spontanee ma crescono più abbondanti dove la terra è stata smossa dal lavoro dell’uomo.
Questo non ci stupisce: il paesaggio rurale italiano è un ecosistema che l’uomo ha plasmato e curato per millenni e il suo stato di salute, espresso in primo luogo dalla quantità di biodiversità animale e vegetale, è strettamente collegato alla presenza umana. Pensiamoci, quando ci rassegniamo a considerare la specie umana come nociva e deleteria a prescindere: questa non è una verità assoluta, dipende sempre dal modo in cui scegliamo di rapportarci con la natura ?

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