Riconoscere la bellezza

Una sequenza quasi inverosimile di cose belle che ho avuto la fortuna di trovarmi davanti agli occhi negli ultimi giorni, curiosando in un raggio di pochi chilometri intorno a casa, in questo minuscolo ed esuberante granello di universo.

La prodigiosa varietà e mutevolezza del paesaggio appenninico.
La mia tana assediata da prati verdi, montagne azzurre e tanti, ma proprio tanti fiori.
I gruccioni, esotici viaggiatori allegri e chiassosi come le loro livree, appena arrivati dall’Africa felicemente ignari di confini e altre miserie umane.
La parata di abeti, cerri e faggi secolari a comporre il respiro primaverile del bosco.
L’esultanza di Salvatore (di nome e di fatto), che ha ritrovato il mio telefono smarrito in un campo di ranuncoli quando io ormai avevo perso le speranze.
Un incredibile albero gobbo, fiero e maestoso nella sua stravagante perfezione.
Una grande vasca scavata nella pietra dai primi abitanti di queste terre, proprio sulla cima di un monte, antichissima e avvolta dal mistero.

La bellezza è ovunque, non c’è bisogno di fabbricarla né cercarla chissà dove, basta saperla riconoscere in mezzo a tanti piccoli inferni, come diceva Calvino, e farla durare, e dargli spazio.

La grande fioritura dei ranuncoli, festosi e impertinenti, che dopo aprile succedono al tarassaco e all’elegante sfilata dei narcisi. Si mescolano i fattori ma il prato resta sempre giallo!
La mia tana vestita di primavera
Una nutrita colonia di gruccioni si è stabilita per il secondo anno consecutivo a pochi metri da casa mia, riempiendo l’aria di canti e voli acrobatici. Sono appena arrivati dopo un lunghissimo viaggio e ad agosto, tra soli quattro mesi, partiranno di nuovo per svernare in Africa subsahariana. Un’emozione averli ogni giorno così vicini. Non ho molte foto perché ho notato che la mia presenza li mette in allarme e voglio cercare di disturbarli il meno possibile. Loro di tanto in tanto mi ripagano con imprevisti slanci di fiducia, spingendosi a cacciare insetti fin sopra la mia testa e quasi sfiorandomi con le loro traiettorie spericolate.
Faggi secolari
Selfie quanto mai necessario, felici un attimo dopo aver ritrovato il telefono, che avevo perso un paio d’ore prima mentre bazzicavo nel campo che si vede alle nostre spalle (e che ovviamente non aveva la suoneria). Io non avevo quasi più speranze quando è arrivato Salvatore con il suo ottimismo, Salvatore che per la cronaca avevo conosciuto due giorni prima e che per caso quella mattina voleva passare a trovarmi, e che alla fine ha trovato me, il telefono e la mia eterna gratitudine!
La foto che mi è quasi costata un telefono, con tutto quello che c’era dentro. Perso lui mi sono sentito perso anch’io, e una volta ancora mi è toccato riflettere su quanto siamo sempre più schiavi di quest’oggetto.
Tra storti ci si capisce
La grande vasca rupestre. Si possono fare solo congetture sul significato di queste sculture preistoriche, utilizzate per secoli dalle comunità umane che hanno abitato questi luoghi: vasche per la produzione di vino, per la concia delle pelli o in alcuni casi, visto il contesto ambientale, are sacrificali e luoghi di culto?
o posso solo dire, avendola vista al tramonto con il sole che spariva dietro la cima della montagna, che sembrava di stare in un film di Kubrick!
Orchidea selvatica
Fiore de lillà, che m’ariporti verso er primo amore… 🎶
“Baciamo le zampe, don Carletto”. Il boss vi saluta con la consueta benevolenza e vi dà appuntamento al prossimo post

Al ritmo delle stagioni
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