Piatti appena sfornati, rispettivamente in pino, larice e cerro. Ognuno con una piccola storia da raccontare.

Il primo nasce da un giovane albero che qualche settimana fa, per cause di forza maggiore, abbiamo dovuto abbattere. Speriamo in questo modo di concedergli una nuova vita.

Quello al centro è ricavato da un blocco di larice della valle Maira che abbiamo conservato come una reliquia per quasi due anni prima di trovare il coraggio di lavorarlo. Le sue venature ci ricordano l’aspra dolcezza di quelle montagne che anche noi ci portiamo dentro.

L’ultimo è il regalo di un vecchio pezzo di cerro che sembrava non aver più niente da dire. Secco e pieno di infiltrazioni, nascondeva al suo interno un cuore rugoso segnato dall’età e dalle intemperie e proprio per questo, in fondo, particolarmente affascinante.

Poche cose ci rilassano come questa. Non promettiamo nulla, ma ci stiamo impegnando a diventare abbastanza competenti da poter organizzare dei piccoli corsi, così da contribuire a tenere viva e a diffondere questa splendida arte.