Pane, amici e fantasia

Mangiare è diventato un atto politico. Interrogarsi sul contenuto del proprio piatto non è soltanto una questione di gusto perché l’alimentazione tocca tutti gli aspetti dell’esistenza e della vita sociale: il proprio benessere psicofisico, la convivialità, la sovranità alimentare, l’ecologia, il rispetto della biodiversità e delle differenze culturali. Il pane fatto in casa, caldo, appena sfornato, è pura poesia, un vortice di sensazioni che ci riporta con forza al momento presente, a ciò che siamo, che siamo sempre stati e che sempre saremo. L’attimo che stiamo vivendo torna ad essere una verità concreta, solida, fatta di profumi, gusto, ricordi e speranze. Oggi che queste belle forme di pane omaggiano la nostra tavola e ci rendono così piacevole la giornata, cogliamo l’occasione per pubblicare un altro piccolo estratto del libro, che tra poche settimane andrà finalmente in stampa! Eccolo qui, dal capitolo raccontato da Alessia (e come poteva essere altrimenti?) che parla proprio del pane e del cibo fatto in casa… buona lettura e buon appetito 🙂 ——————————————– “Lo scatto del timer ci coglie impegnate nel bel mezzo di un vivace dibattito su come valorizzare al meglio l’eccezionale resa di porri dell’orto di Monica. Ci voltiamo entrambe per scrutare nel forno e controllare il livello di doratura della crosta, il miglior indicatore possibile dello stato di cottura. Dopo un accurato esame fatto di palpamenti, annusate e che comprende, ovviamente, una rilevazione audiometrica del suono prodotto dalla crosta sottoposta a tastazione per evincerne il grado di croccantezza, decidiamo di comune accordo di lasciar cuocere ancora altri cinque minuti. Anche perché, nel dubbio, sarebbe comunque un peccato interrompere a metà un certo discorso su frittate e risotti. Quando finalmente allarghiamo le pagnotte fumanti sui ripiani, la vista e il profumo sono così allettanti da farmi vacillare. Non oso immaginare in che stato di penosa salivazione potrebbe ridursi Tommaso se dovesse assistere a una scena del genere. A dire il vero, in questi momenti, ho sempre il terrore di sentire la porta aprirsi e vederlo irrompere in cucina, attirato come uno squalo famelico dalla scia aromatica diffusa nella borgata. Neanche noi, comunque, sappiamo resistere del tutto: la seduzione del pane appena sfornato è una sorta di richiamo ancestrale che solletica i desideri e le nostalgie più profonde. Tuttavia, consapevoli del rischio di indigestione che si corre mangiandone troppo immediatamente al termine della cottura, per via dei lieviti caldi che continuano a gonfiare, ci limitiamo ad assaggiare un paio di fette per gustarne appieno la fragranza. Non certo come farebbe Tommaso, che senza alcun ritegno sarebbe capace di fare fuori a morsi un’intera pagnotta. Il gusto acidulo e asprigno mi riempie il palato in un’esplosione di sapore e sensazioni: la mollica è morbida e compatta al punto giusto, né sciapa né salata, ma saporita e appetitosa senza essere invadente. Un sapore rustico, eppure così raffinato, semplice e complesso, armonico e delicato come una sinfonia. La crosta poi… come descrivere a parole l’estatica delizia di sentir scoppiare tra i denti la crosta vivace e croccante? Un risultato davvero eccellente! Il segreto di tanta bontà è tutto in uno dei corsi che l’agriturismo di Monica ospita durante la bella stagione: quello sulla panificazione con lievito madre. Prima di allora ero sempre stata restia ad usare il lievito naturale, non tanto per la lavorazione in sé, quanto a causa dell’impegno che richiede la sua conservazione. Il lievito naturale, detto anche lievito madre, pasta acida o pasta madre, è una creatura viva, nel vero senso della parola, e come tale deve essere accudita. Nasce dalla fermentazione spontanea di un impasto di farina e acqua in cui si sviluppano batteri e fermenti che favoriscono la lievitazione naturale. Questi microrganismi, proprio come qualsiasi altro animale domestico, devono essere periodicamente nutriti per mantenere attiva la loro funzione. Vi immaginate nella mia posizione, già alle prese con un cane, due gatti, tre galline, un gallo e un Tommaso, quale poteva essere la voglia di adottare un altro essere vivente di cui prendersi cura? In passato, solo a pensarci, già mi vedevo bloccata ai controlli in aeroporto mentre cerco di spiegare ai perplessi funzionari della sicurezza che quella roba gommosa dentro il barattolo non è esplosivo plastico, ma lievito naturale che devo portare con me in vacanza perché non so a chi lasciarlo. O salutare sconsolata le mie amiche al culmine di una festa: – Ragazze, vi lascio, devo tornare a casa. Il lievito madre mi aspetta per la pappa. Che poi, pensavo, a differenza degli altri animali di casa che all’ora dei pasti mi ronzano intorno senza concedermi tregua finché non sono sazi, il lievito se ne sta buono buono in un barattolo, chiuso nel frigo, lontano dalle mie orecchie e dai miei pensieri. Il che è un gran pregio, per carità, ma tra tutti quelli che mi circondano abbaiando, miagolando o ripetendo senza sosta: – Che c’è per pranzo? Che c’è per cena? – come potrei ricordarmi di un nuovo, educato e taciturno ospite? […]”

Contatti / alritmodellestagioni@gmail.com