Un triste risveglio

Una scena già vista, e più di una volta purtroppo. Stesi sul prato davanti casa, due caprioli. Immobili.

“Sono lì da due ore”, ci dice il vicino.

Guardiamo col binocolo: sono una femmina con piccolo di un anno al seguito. La madre ha la testa tirata su, gli occhi chiusi, è evidentemente sofferente. Il piccolo è sdraiato accanto a lei, sente le voci e si volta verso di noi, confuso e impaurito.

La strada corre pochi metri più in basso, la dinamica dei fatti è evidente: mezzo a motore, velocità sostenuta, strada tutta curve, un balzo improvviso del selvatico, l’impatto.

In questi giorni c’è grande movimento tra i branchi, stremati al termine dell’inverno, affamati da settimane di gelo ed eccitati dal verde che si fa strada tra le chiazze residue di neve. Più che mai, è in questo periodo dell’anno che occorre tenere gli occhi aperti e soprattutto limitare la velocità nelle zone rurali, dove questi animali vivono a stretto contatto con aree abitate o di passaggio.

I caprioli feriti hanno scarse probabilità di sopravvivenza. Lo sappiamo bene, avendone recuperati già due in passato, vittime di incidenti stradali. Due storie senza lieto fine, nonostante le cure amorevoli dei volontari del Centro di Recupero. E qui dove siamo ora, di Centri di Recupero nemmeno l’ombra.

Mentre siamo lì a chiederci cosa fare, la femmina improvvisamente si alza e barcollando si addentra nella macchia. Il piccolo lancia un’ultima occhiata verso di noi, perplesso, poi segue la madre e scompare nel folto. Li vediamo ancora una volta, che risalgono il pendio senza apparenti esitazioni, ma non certo con lo scatto tipico dei caprioli in fuga.

Difficile dire cosa accadrà. Capita, nei casi più fortunati, che il trauma si risolva senza complicazioni con qualche ora di riposo. Impossibile saperlo ora. Nei prossimi giorni terremo gli occhi aperti, augurandoci di vederli saltare come grilli sui prati in fiore.

Tutta questa storia ha però una morale, che è sempre la stessa: quando si è al volante possiamo fare molto per limitare il nostro impatto sull’ambiente. Basta staccare il piede dall’acceleratore, rilassarsi, rallentare ancora, e quando ci sembra finalmente di andare abbastanza piano, rallentare ancora, poi ancora un po’, ed ecco, adesso forse ci siamo.

Contatti / alritmodellestagioni@gmail.com