“Un anno di vita in montagna”

Il libro che racconta un’esperienza di vita alternativa… al ritmo delle stagioni!

Il libro che racconta
un’esperienza di vita alternativa…
al ritmo delle stagioni!

7° edizione

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145 recensioni (media voto: 4.92)

352 pagine, rilegatura filo refe
Stampa di qualità tipografica su carta ecologica, copertina in cartoncino martellato “Tintoretto” (non plastificata)

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È possibile acquistare due libri a prezzo scontato:
“Un anno di vita in montagna” (2017) e “Montanari 2.0” (2022) a 30€ invece di 38€

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È possibile acquistare due libri a prezzo scontato:
“Un anno di vita in montagna” (2017)
“Montanari 2.0” (2022)
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“Mai pensato di mollare tutto, dimenticare la frenesia del mondo e provare una strada diversa?”

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Un anno di vita in montagna seguendo il ritmo delle stagioni, circondati dalla natura selvaggia, finalmente liberi di sperimentare uno stile di vita diverso da quello cittadino.

Con una buona dose di autoironia ma consapevoli del valore del nostro impegno, raccontiamo le motivazioni che ci hanno portato a questa scelta e le difficoltà per metterla in pratica; gli episodi più significativi e le situazioni tragicomiche che ci siamo trovati ad affrontare; la necessità di mettersi alla prova e adattarsi; la vita in borgata e la ricerca di una connessione con l’ambiente naturale in cui siamo immersi; il tentativo di far convivere il bisogno di naturalezza con una mente plasmata e assorbita dalla modernità.

Prendendo spunto da questa nuova realtà affrontiamo temi quali la questione del reddito, la decrescita volontaria, l’autoproduzione, il rapporto con la natura, il valore del tempo libero e di una socialità più “umana”. Ci piace pensare che la nostra esperienza possa contribuire alla definizione di un modello attuale e realistico di ripopolamento dei contesti rurali, troppo spesso trascurati e sempre più ricchi di opportunità. E, perché no, stimolare qualcuno a intraprendere un proprio percorso di liberazione.

Alcune domande che ci fanno spesso…

Ma neanche in catene! A distanza di anni siamo ancora in montagna e a tornare in città non ci pensiamo proprio. Il titolo si riferisce alla struttura del libro, che ripercorre un anno di avvenimenti seguendo lo svolgersi delle quattro stagioni. È anche un omaggio a “Un anno in Provenza”, di Peter Mayle, libro che mi ha molto divertito e ispirato con il suo stile disincantato e ironico.

Assolutamente sì. Per vivere in montagna occorre essere vergognosamente ricchi. Ricchi di spirito d’adattamento e d’avventura, tanto per cominciare. E poi ricchi di entusiasmo e passione. Ricchi di senso pratico e immaginazione. Ricchi di curiosità e di sogni nel cassetto. Ma, soprattutto, occorre essere ricchi di amore: per la natura, per gli animali, per se stessi e… per la montagna ovviamente!

Scherzi a parte, non essendo ricchi (di soldi!) e non godendo di rendite, abbiamo incluso nel libro il racconto di come ci siamo procurati un reddito vivendo lontano dalle città, a partire da percorsi di studio e professionali indirizzati alla creazione di impieghi “location independent”. 

Abbiamo inoltre affrontato riflessioni più ampie su ciò che intendiamo per “reddito”. Nel nostro caso, ad esempio, è proprio grazie alle risorse, agli spazi e alle competenze che abbiamo trovato in montagna che ci è stato possibile ampliare le fonti di reddito, traducendo un ideale di vita orientato all’autoproduzione in possibilità e attività concrete, come far legna, coltivare, allevare animali, produrre oggetti con le proprie mani e in generale valorizzare le risorse offerte dall’ambiente.

Concordo… e lo dico anche nel libro! Allo stesso tempo, credo che leggere le testimonianze di chi ha affrontato questo percorso sia il modo migliore per farsi un’idea realistica della questione, veder spalancati nuovi orizzonti e iniziare a ragionare in modo concreto su un eventuale cambio di rotta (è stato così anche per noi).

Non ci sentiamo saggi né tantomeno dei profeti, ma è un dato di fatto che dal giorno della pubblicazione ci hanno scritto decine di persone, ringraziandoci per avergli fornito stimoli e punti di vista che hanno permesso loro di intraprendere cambiamenti anche radicali del proprio stile di vita. 

L’autopubblicazione è una scelta in linea con lo stile di vita che abbiamo abbracciato e che raccontiamo. Autopubblicazione è sinonimo di autonomia, libertà creativa, fiducia nei propri mezzi e voglia di uscire dagli schemi. Proprio come il vivere in montagna. 

Autopubblicazione è anche il rifiuto di un modello imprenditoriale e commerciale (praticato in Italia dalla maggior parte dei grandi editori) che punta tutto sulla quantità a scapito della qualità, che non valorizza il lavoro degli autori e non premia l’originalità.

Inoltre, per quanto si potrebbe discutere all’infinito su pregi e difetti dell’e-commerce, la vendita online di libri ha l’indubbio vantaggio di superare una grave carenza dell’editoria “classica”, le cui risorse (già esigue) sono bruciate in larga parte da un sistema di distribuzione inefficace e anacronistico, con centinaia di migliaia di libri che viaggiano in lungo e in largo, avanti e indietro senza una reale necessità (per poi magari finire al macero).

Detto questo, “Un anno di vita in montagna” si trova anche in alcune librerie. Se avete voglia, potete chiedere al vostro libraio di fiducia di contattarci per richiedere delle copie a prezzo speciale. In molti lo hanno fatto, e diversi librai, a distanza di anni, continuano a ordinare copie!

Ehm… anche no. E poi, al massimo, ne è la “copia” più attuale!

Fermo restando che considero “Walden ovvero Vita nei boschi” una pietra miliare e ogni accostamento al grande Thoreau un’eresia, tra i due libri non c’è nessuna somiglianza, se non nello spirito di fondo che anima le scelte dei protagonisti. Come potrebbe, del resto? “Walden” è stato pubblicato nel 1854 (quasi due secoli fa!) ed è ambientato in Massachusetts, in un paesaggio pianeggiante e lacustre totalmente differente da quello alpino. Oltre al contesto, sono diversi lo stile narrativo e gli argomenti trattati. Con tutta la buona volontà, Thoreau non poteva parlare di smart working, del WWOOFING o di fotografia naturalistica! 

“Walden”, inoltre, racconta un’esperienza solitaria ed eremitica, mentre il nostro approccio alla montagna è stato quello di aprirci alla comunità locale e di farci coinvolgere nelle attività quotidiane. Ciò che abbiamo trovato, di conseguenza, non è solitudine ma al contrario socialità e condivisione. 

E ora, appurato che abbiamo tutti amato Thoreau, non avete voglia di provare qualcosa di più attuale e moderno? 

Prima edizione: luglio 2017
Seconda edizione: ottobre 2017
Terza edizione: marzo 2018
Quarta edizione: settembre 2018
Quinta edizione: aprile 2019
Sesta edizione: aprile 2020

Fotografie di Tommaso D’Errico

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Recensioni

Apr 7, 2020
di Andrea P.
Luogo: Firenze
Età: 32
Assolutamente da leggere

Ciao a tutti,
ho da poco finito di leggero questo bel libro e devo fare i miei complimenti ad Alessia e Tommaso per:
– la loro scelta di vita
– la decisione di divulgare questo percorso intrapreso “senza indorare la pillola”
– la loro capacità di trasmettere le infinite sfumature della montagna
– la loro passione per la natura
Ed infine per il libro stesso! Sono stati capaci di farmi sorridere e sognare con uno stile semplice ma mai banale e a tratti poetico (la personificazione dell’Autunno mi ha lasciato a bocca aperta).
Se volete leggere un libro vero, che parli della vita in montagna e non di spedizioni (eroiche o meno) non potete perdervi il loro libro.

Ancora complimenti ragazzi!

Apr 7, 2020
di Lara
Luogo: Reggio Emilia
Età: 30
MERAVIGLIOSO COMPAGNO DI TEMPO LENTO

Ho letto il vostro libro in questi giorni particolari ed è stato un meraviglioso compagno.

Le ultime pagine le ho quasi centellinate per non perderne la compagnia.

Ho trovato delle parti incredibilmente in sintonia con il momento che stiamo vivendo, proprio come se fossero state scritte per essere lette in questi giorni…

Grazie per la delicatezza che avete messo tra le righe di questo libro, spero che possa essere d’esempio per tornare a “riappropriarci del tempo” avvicinandoci a quella nuova disciplina (come la chiamate voi) che è “l’arte di passare il tempo”.

Grazie

Mar 23, 2020
di Marco
Luogo: Monterotondo
Età: 49
Bello bello

Libro bellissimo . Grande emozioni e grande ammirazione per questi due giovani che hanno avuto il coraggio di cambiare radicalmente la propria vita e godere delle bellezze del Creato. Scrittura semplice, scorrevole capace di rapirti per ore con la costante sensazione di essere lì presente, uno di quei libri che quando finisce ti lascia per giorni la sensazione di trovarti ancora là. Bravi ragazzi!

Jan 30, 2018
Luogo: Cadrezzate
Età: 32
lettura preziosa

Una lettura emozionante, che ti coinvolge, ti fa pensare, ti ispira. Viene naturale immedesimarsi in Tommaso e Alessia soprattutto nei passi in cui descrivono le sensazioni provate a contatto con la Natura. Complimenti per il coraggio che avete dimostrato nell’intraprendere la vostra avventura. Ed un sincero GRAZIE per la cura e la dovizia di particolari con cui l’avete descritta a noi lettori. Mi è sembrato di viverla insieme a voi. Un libro preziosissimo.

Jan 7, 2018
di Marco
Luogo: Milano
Età: 49
Un manuale di vita

Come spesso accade la decisione di leggere un libro nasce dal titolo e dalla capacità di catturare il lettore in quel particolare momento della sua vita. Molti di noi vivono esistenze che non gli appartengono, condizionati da tutto ciò che ci circonda lavoriamo per raggiungere obiettivi che ci costringeranno a lavorare sempre di più perdendo di vista quelli che sono i veri valori e probabilmente il significato di questo nostro passaggio sulla terra. Questi ragazzi hanno scritto un libro di quelli che si leggono una due cento volte, perché in un solo piccolo libro sono contenute tante verità che ti fanno pensare, spesso nel corso della lettura ci si pone la domanda “ma è giusto quello che sto facendo?”
La lettura è sempre piacevole, scorrevole ed alla fine di ogni capitolo è impossibile non iniziare il successivo. Complimenti ragazzi, per il libro e soprattutto per quello che avete fatto.

Oct 16, 2017
di Martina
Luogo: Valdarno Aretino

L’avevo promesso a me stessa e.. sì, lo sto rileggendo per la seconda volta a distanza di un mese (stavolta con matita per sottolineare!). Divorato in pochi giorni la prima volta.. fa ridere, emozionare, sognare tra le righe ma soprattutto, fa riflettere anche i più scettici su una reale possibilità qui testimoniata. Adoro il modo di scrivere semplice, diretto, genuino ma in alcuni passaggi ricercato e raffinato con estratti e citazioni.. l’umiltà e l’ironia con cui ammettete di “non sapere” e vi rivolgete ai vostri vicini per imparare qualcosa di completamente nuovo, così distante da quello che conoscevate.. è così difficile trovare persone che non fanno autopropaganda in questo mondo!
Innescate una scintilla per il cambiamento e date la speranza a chi non sa da che parte cominciare ed è frenato dall’incertezza! Bravi bravi bravi

Oct 14, 2017
di Valeria
Luogo: Venezia
Età: 30
CONSIGLIATISSIMO

Lettura semplice e scorrevole che racconta una realtà molto profonda. Un libro allo stesso tempo pratico e “filosofico”. Un piacevole viaggio tra i monti alla scoperta della vita vera e della natura incontaminata. Un libro che racconta l’inizio di un percorso: la scelta coraggiosa di due ragazzi di voltare pagina alla ricerca di una vita migliore. Bellissimo e consigliatissimo.

Sep 25, 2017
di Paolo
Luogo: Biella
Età: 43
Un libro da consigliare

Comprato per caso si è rivelato un libro dalle molteplici sfaccettature. Uno spaccato di vita, un panorama antropologico culturale della vita in montagna e, infine, un vero strumento con cui lavorare su se stessi. Il tutto condito con linguaggio che scalda e consola i cuori tormentati da questa vita a volte difficile da digerire. Aspetto con ansia il prossimo libro. Bravi ragazzi

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Premessa
Una nuova vita

Primavera

Il risveglio
Zappando si impara
Le regine della foresta
Natura o tecnologia?
Shopping… selvatico
Cronache dalla borgata

Estate

Montanari DOC (Di Origine Cittadina)
Ël bocin l’è andé
I doni della terra
Un pisello per ghermirli
Per un pugno di piume
La montagna con sopra il lupo
L’ombelico del mondo

Autunno

La vita segreta del bosco
Spacca che ti passa
Artigianato: la libertà del saper fare
Pane, amici e fantasia
Non ci resta che cucinare

Inverno

Un altro pianeta
Quando il freddo si fa duro
L’arte di passare il tempo
Masche e masconi

Conclusioni

Dal capitolo “Una nuova vita”

Era l’aprile del 2015 quando spegnevamo le luci della mansarda in periferia di Roma, caricavamo la piccola Citroen fino a farla scoppiare e ci mettevamo in marcia che era ancora buio per un lungo, lunghissimo viaggio. Destinazione Valle Maira, provincia di Cuneo.
Quasi dieci ore di pellegrinaggio, seicento interminabili minuti scanditi uno per uno dai miagolii di protesta di Camilo e Remedios. I nostri gatti, chiusi in un gigantesco trasportino sul sedile posteriore dell’auto, proprio non mandavano giù quel trasloco forzato. Allergici ai cambiamenti e allarmati da qualsiasi novità, si sarebbero aggrappati con le unghie alle loro vecchie abitudini nonostante conducessero una vita monotona e noiosa, confinati in un ambiente artificiale e povero di stimoli che si traduceva in tic nervosi e deliranti ossessioni comportamentali. Per una vita di infelicità e disagio avrebbero lottato fino alla morte.
Quante persone fanno lo stesso, si aggrappano alla certezza di una familiare disperazione e finiscono per difenderla e apprezzarla pur di non affrontare la paura del nuovo? Quante volte il cambiamento ci terrorizza bloccando la volontà di agire e impedendoci di valutare serenamente le opportunità? […]
Manca poco all’alba quando usciamo dal Grande Raccordo Anulare, il lungo serpente di asfalto che abbraccia Roma stritolandola in una morsa di smog e malumore. La rampa autostradale sale su, arrotolandosi su sé stessa finché sembra di tornare al punto di partenza. Dall’alto la vista si allarga su un groviglio di strade, viadotti e giganteschi capannoni industriali. A perdita d’occhio. Nonostante l’ora il traffico è già intenso. Piccoli e grandi cubi colorati sfrecciano in tutte le direzioni rompendo la grigia monotonia. Una ciminiera al lavoro giorno e notte sputa nell’aria nubi di vapore bianche e dense come panna montata.
Un tir ci sorpassa strombazzando e mi fa quasi sbandare per lo spavento. I gatti per un momento ammutoliscono. Alessia mi lancia un’occhiataccia. Quando rallenti troppo la pena è il sorpasso, e io non sono mai stato un gran velocista. Se cambiare spaventa, a volte restare fa ancora più paura.
Mi concentro sulla guida, ma mentre ci allontaniamo dalla città lancio un ultimo sguardo nello specchietto retrovisore. Una folata di vento fa ondeggiare il pennacchio di fumo della ciminiera in qualcosa che assomiglia a un grottesco saluto. Sullo sfondo, strade e palazzi si schiacciano fino a diventare una linea piatta e incolore.
Sembra che quel sapientone di Einstein una volta abbia detto: “la logica vi porterà da A a B, l’immaginazione vi porterà dappertutto”. Mi chiedo se andare da A a B debba per forza essere sinonimo di noia e disillusione, se non esista un modo di viaggiare tenendo una ruota su entrambi i binari, quello della logica e quello dell’immaginazione.
Davanti a noi il sole si sta affacciando sull’orizzonte. Con un sospiro diciamo addio a tutte le certezze e imbocchiamo la strada che porta verso il nuovo giorno. […]

Dal capitolo “Zappando si impara”

Seminare a spaglio, così c’è scritto sulla bustina.
Bene, sembra facile. A spaglio. In un recesso della mia mente scorre la sequenza di un braccio che si piega e poi scatta come una molla, le dita della mano si schiudono e lasciano andare il contenuto. Come facevo da bambino, al parco, quando tiravo una manciata di coriandoli. Perfetto, dunque. Procedo con lo spaglio. Pugno di semini chiusi nel palmo della mano. Li sento premere sulla pelle. Mamma mia come sono piccoli questi semi. Ne avrò centinaia nella mano. In effetti… non saranno troppi? Che poi, per quanto ne so, potrebbero anche essere troppo pochi. E a pensarci bene, spesso al parco i coriandoli mi tornavano in faccia.
Poche storie. Mi preparo a compiere il gesto. Distendo il braccio, piego il gomito verso l’interno. Il muscolo è teso, pronto a scattare. La terra smossa mi guarda impaziente. Aspetta a braccia aperte la mia benedizione.
– Allora che faccio, spaglio?
Alessia mi guarda perplessa: – Certo, che aspetti?
– Ok. Ma, secondo te, quanto devo spagliar… spargerli? – accenno con la mano libera a misurare la lunghezza del bancale, un rettangolo scuro di terra viva che spicca tra il verde brillante del prato.
Lei risponde con un gesto vago: – Ma… così, ne butti un po’. Dai.
Ci penso su, fissando il bancale con lo stesso sguardo inebetito dei primi archeologi di fronte alla stele di Rosetta. Seminare a spaglio. Detta così sembra facile. Sparpagliare qua e là in abbondanza; gettare il seme a manciate sul terreno smosso. Così recita il vocabolario. Va bene, ma “quanta” abbondanza? E qua e là “quanto”? In poche parole, quanti semini più o meno per ogni metro quadro di terra? Cerco di risolvere il problema con approccio scientifico. Un metro quadro di terra fratto il numero totale di semini, diviso cento.
Mi volto di nuovo verso Alessia: – Ma un po’ quanti?
– Quanto pensi di andare avanti? – Alessia mette le mani sui fianchi. Sorride.
– Fallo te, allora – approfitto del suo assist, fingendo astutamente di essermi offeso per scaricarle la patata bollente. Ed è lei, come sempre succede quando io attivo la modalità «bambino lagnoso», a trovare la soluzione.
– Chiamo Monica, lo chiedo a lei.
Monica è molto più di una vicina di casa. È il nostro angelo custode.
– Monica, mi ricevi? Abbiamo un problema. No, direi che non è grave. Stiamo seminando l’insalata e… ecco, ci chiedevamo quanti semini dovremmo spargere sul bancale. Più o meno.
Dall’altra parte un momento di silenzio, poi un rapido fiume di parole. Mi arriva qualcosa all’orecchio. Piantine… tante… diradare… tranquilli. Alessia ringrazia, saluta, mette via il telefono. Mi guarda, divertita: – Dai, su. Lanciane un po’.
Sospiro. Guardo la terra nuda e profumata davanti a me. I raggi obliqui del sole la colorano di arancio. Tra poco fa notte. Chissà com’è stato, da bambini, gettare una manciata di coriandoli per la prima volta. Mi faccio coraggio. Lancio.
Un movimento impacciato, un po’ troppo teatrale. Resto imbambolato con il braccio teso e il palmo aperto rivolto verso l’alto. Sembro Cicerone durante un’oratoria, o un attore che recita Shakespeare. Immaginavo di vedere i semi fluttuare nell’aria, scintillanti nella luce del tardo pomeriggio, e ricadere con dolcezza disegnando arabeschi dorati sulla terra scura. Niente di tutto ciò. Colgo appena una manciata di polvere nera che si disperde, poi più nulla. Non capisco neanche bene dove li ho tirati. Mi gratto la testa. Guardo Alessia, sorrido. Penso che il giorno che vedremo spuntare i germogli delle insalate sarà davvero come assistere a un miracolo.
Coltivare un orto è un atto di liberazione. Diventare indipendenti nella fornitura di cibo per il proprio sostentamento significa rendersi fisicamente e mentalmente liberi. Non è un modo di dire: mangiare è la necessità più impellente di ogni essere vivente. Il cibo è l’unica cosa di cui non possiamo fare a meno per vivere e nel momento in cui smettiamo di produrlo con le nostre mani diventiamo dipendenti da ciò che utilizziamo per procurarcelo: il denaro. Invertendo il processo, tornando a produrre, possiamo un po’ alla volta allentare le catene che ci rendono schiavi del bisogno di soldi. Cosa che, alla fine, si traduce in più tempo a disposizione per vivere la nostra vita.
I vantaggi che derivano dal lavorare in proprio un pezzetto di terra sono innegabili e così numerosi che non è facile elencarli senza dimenticarne qualcuno. Il più ovvio e immediato è il salto di qualità della propria alimentazione. Zero chimica, zero genetica, prodotti sempre freschi o congelati immediatamente dopo il raccolto. Smettiamo di ingerire sostanze tossiche e quello che mangiamo, oltre che incredibilmente più gustoso, è più salutare e nutriente. La soddisfazione data dal cucinare e consumare qualcosa nato dalle proprie mani e accompagnato nei mesi dello sviluppo è enorme, e chiunque abbia mai provato sa bene di cosa parliamo. Da un punto di vista etico poi, comunque ci si comporti abitualmente, non può che far piacere sapere di non aver contribuito all’emissione di gas serra con l’astensione dall’acquisto e dal consumo di cibi prodotti in serra o finiti nelle nostre bocche dopo lunghi viaggi intercontinentali.
Zappare, vangare, arare, dissodare, diserbare a mano, sono tutti esercizi che liberano la mente e temprano il fisico meglio di qualunque palestra. Sono attività che ci permettono di passare del tempo all’aria aperta, sotto la luce del sole e a stretto contatto con la natura, piuttosto che confinati in maleodoranti scantinati illuminati al neon, stipati di attrezzi che sembrano strumenti di tortura di inquisitori medievali e pieni di narcisi sudati che si guardano di nascosto allo specchio, perdutamente innamorati dei propri muscoli. Come se non bastasse, mentre frequentare una palestra costa (e neanche poco) coltivare, al contrario, è un’occupazione che genera reddito.
Oltre che i muscoli alleniamo la mente: la cura delle piante è una forma particolare di esercizio zen, che libera dallo stress e abitua alla pazienza, alla devozione e all’attesa. Una pratica che ci fa entrare in comunione con la terra e con i suoi ritmi, permettendoci di ritrovare il benessere psico-fisico che deriva da un sano e continuativo rapporto con la natura. […]

Dal capitolo “Artigianato: la libertà del saper fare”

[…] La prima volta che ho realizzato un cesto, sono rimasto folgorato dal constatare cosa potevano essere in grado di creare le mie dita a partire da materie così semplici e da poche, elementari, tecniche di base. Nonostante usassi le mani da trent’anni per disegnare e dipingere, non ero mai stato veramente consapevole della possibilità di realizzare oggetti solidi, concreti. Avevo sempre pensato di essere negato per i lavori manuali e dato per scontato che si trattasse di una di quelle abilità distribuite casualmente prima della nascita, senza un apparente criterio di equità: a chi troppo e a chi niente. Io, ovviamente, figuravo tra gli esclusi. Poi, un bel giorno, mentre in pochi passaggi il mio cervello imparava a coordinare i movimenti delle dita in modo efficiente e, sotto la guida gentile di Sergio, una dopo l’altra le trame dell’intreccio si componevano davanti ai miei occhi, mi sono reso conto di qual era stato, fino a quel momento, il mio reale problema: non aver mai provato.
Se da un lato è sconcertante come l’istruzione in Italia presenti una lacuna così macroscopica, dall’altro la cosa non stupisce più di tanto. La manualità, intesa come capacità di saper fare con le proprie mani, è alla base dell’autosufficienza, probabilmente l’ultima preoccupazione di un sistema formativo che, al contrario, si impegna sempre più a crescere individui fisicamente e mentalmente dipendenti. Dipendenti dai lavori da dipendenti, se mi passate il gioco di parole, e dipendenti dagli acquisti per rifornirsi di ciò che non sono in grado di procurarsi o costruirsi da soli: praticamente tutto.
Le tecniche produttive industriali poi, con l’invenzione della catena di montaggio, hanno fatto sì che la manualità ancora necessaria – pochi gesti sempre uguali da ripetere all’infinito – non fosse più utile a nulla all’infuori della catena di montaggio stessa. In fabbrica l’artigiano diventa operaio: non è più l’uomo a produrre l’oggetto finale, ma una sequenza ben definita di macchine ed esseri umani-automi. L’unica cosa che può ancora produrre l’operaio è il proprio stipendio, condizione che lo incatena ai capricci del sistema economico.
Riacquistare le abilità manuali significa recuperare un altro pezzetto dell’indipendenza che ci è stata sottratta per trasformarci in lavoratori e consumatori passivi. Vuol dire allenare il cervello così come la nostra specie ha fatto per millenni, confrontandosi con la materialità dell’esistenza senza limitarsi alle astrazioni di un mondo sempre più informatizzato. Via via che progrediscono, capacità e competenze possono schiuderci possibilità neanche immaginate fino al giorno prima e offrirci bocconi sempre più grossi di libertà. «Creare è dare una forma al proprio destino», scriveva Camus; chissà allora, partendo da un cesto, dove si può arrivare. Se nel neolitico saper costruire qualcosa con le proprie mani era una questione di sopravvivenza, oggi potrebbe rappresentare un primo passo per non limitarsi più alla sopravvivenza, e iniziare a vivere. […]

Perché solo un anno? E dopo, siete tornati in città?

Ma neanche in catene! A distanza di anni siamo ancora in montagna e a tornare in città non ci pensiamo proprio. Il titolo si riferisce alla struttura del libro, che ripercorre un anno di avvenimenti seguendo lo svolgersi delle quattro stagioni. È anche un omaggio a “Un anno in Provenza”, di Peter Mayle, libro che mi ha molto divertito e ispirato con il suo stile disincantato e ironico.

Siete ricchi? / Occorre essere ricchi per scegliere di vivere in montagna?

Assolutamente sì. Per vivere in montagna occorre essere vergognosamente ricchi. Ricchi di spirito d’adattamento e d’avventura, tanto per cominciare. E poi ricchi di entusiasmo e passione. Ricchi di senso pratico e immaginazione. Ricchi di curiosità e di sogni nel cassetto. Ma, soprattutto, occorre essere ricchi di amore: per la natura, per gli animali, per se stessi e… per la montagna ovviamente!
Scherzi a parte, non essendo ricchi (di soldi!) e non godendo di rendite, abbiamo incluso nel libro il racconto di come ci siamo procurati un reddito vivendo lontano dalle città, a partire da percorsi di studio e professionali indirizzati alla creazione di impieghi “location independent”.
Abbiamo inoltre affrontato riflessioni più ampie su ciò che intendiamo per “reddito”. Nel nostro caso, ad esempio, è proprio grazie alle risorse, agli spazi e alle competenze che abbiamo trovato in montagna che ci è stato possibile ampliare le fonti di reddito, traducendo un ideale di vita orientato all’autoproduzione in possibilità e attività concrete, come far legna, coltivare, allevare animali, produrre oggetti con le proprie mani e in generale valorizzare le risorse offerte dall’ambiente.

Dal vero lo vorrei… non in un libro. Di quelli ne ho letti fin troppi!

Concordo… e lo dico anche nel libro! Allo stesso tempo, credo che leggere le testimonianze di chi ha affrontato questo percorso sia il modo migliore per farsi un’idea realistica della questione, veder spalancati nuovi orizzonti e iniziare a ragionare in modo concreto su un eventuale cambio di rotta (è stato così anche per noi).
Non ci sentiamo saggi né tantomeno dei profeti, ma è un dato di fatto che dal giorno della pubblicazione ci hanno scritto decine di persone, ringraziandoci per avergli fornito stimoli e punti di vista che hanno permesso loro di intraprendere cambiamenti anche radicali del proprio stile di vita.

Con tutti i titoli interessanti che trovo in libreria, perché dovrei acquistare online un libro autopubblicato?

L’autopubblicazione è una scelta in linea con lo stile di vita che abbiamo abbracciato e che raccontiamo. Autopubblicazione è sinonimo di autonomia, libertà creativa, fiducia nei propri mezzi e voglia di uscire dagli schemi. Proprio come il vivere in montagna.
Autopubblicazione è anche il rifiuto di un modello imprenditoriale e commerciale (praticato in Italia dalla maggior parte dei grandi editori) che punta tutto sulla quantità a scapito della qualità, che non valorizza il lavoro degli autori e non premia l’originalità.
Inoltre, per quanto si potrebbe discutere all’infinito su pregi e difetti dell’e-commerce, la vendita online di libri ha l’indubbio vantaggio di superare una grave carenza dell’editoria “classica”, le cui risorse (già esigue) sono bruciate in larga parte da un sistema di distribuzione inefficace e anacronistico, con centinaia di migliaia di libri che viaggiano in lungo e in largo, avanti e indietro senza una reale necessità (per poi magari finire al macero).
Detto questo, “Un anno di vita in montagna” si trova anche in alcune librerie. Se avete voglia, potete chiedere al vostro libraio di fiducia di contattarci per richiedere delle copie a prezzo speciale. In molti lo hanno fatto, e diversi librai, a distanza di anni, continuano a ordinare copie!

Ah, figo, come Walden di Thoreau! / Ma cos’è, la brutta copia di Walden?

Ehm… anche no. E poi, al massimo, ne è la “copia” più attuale!
Fermo restando che considero “Walden ovvero Vita nei boschi” una pietra miliare e ogni accostamento al grande Thoreau un’eresia, tra i due libri non c’è nessuna somiglianza, se non nello spirito di fondo che anima le scelte dei protagonisti. Come potrebbe, del resto? “Walden” è stato pubblicato nel 1854 (quasi due secoli fa!) ed è ambientato in Massachusetts, in un paesaggio pianeggiante e lacustre totalmente differente da quello alpino. Oltre al contesto, sono diversi lo stile narrativo e gli argomenti trattati. Con tutta la buona volontà, Thoreau non poteva parlare di smart working, del WWOOFING o di fotografia naturalistica!
“Walden”, inoltre, racconta un’esperienza solitaria ed eremitica, mentre il nostro approccio alla montagna è stato quello di aprirci alla comunità locale e di farci coinvolgere nelle attività quotidiane. Ciò che abbiamo trovato, di conseguenza, non è solitudine ma al contrario socialità e condivisione.
E ora, appurato che abbiamo tutti amato Thoreau, non avete voglia di provare qualcosa di più attuale e moderno?

18,00

Categoria:

Oppure… approfitta di questa offerta!

“Un anno di vita in montagna” (2017) e “Montanari 2.0” (2022) possono essere acquistati insieme a 30€ invece di 38€

Stampa di qualità su carta ecologica, 784 pagine totali
Rilegatura filo refe, copertina in cartoncino martellato “Tintoretto”

“Un anno di vita in montagna” (2017) e “Montanari 2.0” (2022) possono essere acquistati insieme a 30€ invece di 38€

Stampa di qualità su carta ecologica
784 pagine totali
Rilegatura filo refe
Copertina in cartoncino martellato

Contatti / alritmodellestagioni@gmail.com