Il trio delle meraviglie

È l’ora più dolce, quando la luna si affaccia nel cielo che va scurendo e la luce del tramonto scalda il nostro piccolo mondo. Quello che, con scherzoso spirito campanilistico, abbiamo già battezzato «il trio delle meraviglie».

In primo piano la Chiesa di Santa Maria, le cui origini accertate risalgono al XII secolo ma edificata con tutta probabilità su insediamenti molto più antichi. Ci torneremo, perché la sua storia è piuttosto interessante. Le linee attuali sono il risultato di interventi successivi, culminati con la costruzione del campanile a vela nel 1875. Oggi è utilizzata di rado e le sue condizioni generali sono piuttosto precarie, in particolare per quanto riguarda l’importante complesso della canonica, un affascinante edificio che potrebbe ospitare un museo, eventi culturali, un ostello, una biblioteca… e che invece casca letteralmente a pezzi (torneremo anche su questo).

Sulla sinistra il cerro secolare che protende al cielo dita scheletriche ma ancora vitali, con l’orgoglio e l’imponenza di chi ha visto scorrere la Storia sotto la sua chioma. Le tonnellate di ghiande che ha prodotto in autunno hanno sommerso il nostro cortile (costringendoci a movenze da ninja per schivare il continuo lancio di proiettili) per la felicità dei maiali dei nostri vicini che raccogliendo tutto quel ben di dio, purtroppo difficilmente commestibile per noi umani, hanno fatto un favore a tutti: ai maiali, a noi e alle nostre galline, che sono tornate a gustare la libertà di poter circolare senza casco.

Infine, sullo sfondo, la nostra casetta, che nonostante tutti i guai che ci sta facendo passare – tra infissi pasticcioni, tubature ribelli e pavimenti che fanno letteralmente acqua -, è già entrata nei nostri cuori. Sono passati cinque mesi da quando siamo arrivati qui, né tanto né poco, e un po’ alla volta iniziamo a sentirci parte di ciò che abbiamo intorno: ascoltando le storie che ci raccontano i vicini, sedendoci con loro attorno a tavole imbandite (per lo più di liquori fatti in casa), percorrendo a piedi i sentieri, perdendoci nei boschi e iniziando a riconoscere, uno dopo l’altro, i mattoni che tengono in piedi queste quattro mura. E soprattutto, arredando questi spazi con sogni e visioni, cercando un ordine e un contatto che vadano oltre l’aspetto materiale, finché davvero non ci sentiremo in diritto di chiamarla casa.

Contatti / alritmodellestagioni@gmail.com