«Analfabetismo ambientale»

Nelle ultime ore ha fatto il giro del web il video del capriolo finito chissà come all’interno di una panetteria in Abruzzo e ripreso dal proprietario mentre se ne sta immobile dietro il bancone, visibilmente terrorizzato, al punto da non riuscire a muoversi. Già a leggere i titoli riportati sulle principali testate giornalistiche (da Repubblica al Corriere) vengono i brividi: ovunque si parla di «cerbiatto», specie animale inesistente dal momento che la parola sta ad indicare nell’uso comune un piccolo di cervo.

Il problema ovviamente non è solo nell’uso scorretto dell’italiano: dietro l’imprecisione linguistica, infatti, si nasconde tutta la superficialità dei giornalisti di fronte a certi temi, nonché l’ossessione ormai quasi comica (se non ci fosse da piangere) riservata al lupo, che in un modo o nell’altro riesce sempre a fare la sua comparsa. «Un capriolo dietro al bancone del pane a Ortona, mentre a San Vito di notte si aggirano i lupi», titola ChietiToday, e quasi tutti gli articoli terminano con una citazione, ammantata di suspence, di un avvistamento lupino. Il tgcom24 poi si supera, com’è nel suo stile, titolando: «Ortona, capriolo in fuga dal predatore trova rifugio in un panificio». Eccolo là, lupus in fabula, in qualche modo la colpa deve essere sua.

Tutto questo per non parlare della profonda e diffusa ignoranza che traspare dalle centinaia di commenti al video sui social network. «Che tenero, ha sicuramente fame!» «Avete provato a dargli un po’ di pane?» «Che amore!!!» e giù sfilze di cuoricini. Non è tenero e non ha fame, non assomiglia a Bamby (neanche un po’) e non cerca compagnia: è semplicemente sconvolto e seriamente a rischio di lasciarci le penne. Non serve essere zoologi per capirlo. O forse sì?

Un’ignoranza così marcata su una delle specie selvatiche più diffuse e comuni nel nostro Paese e con la quale è più facile entrare in contatto – anche per chi vive in ambienti urbani, magari durante la scampagnata del fine settimana – è solo l’ennesima testimonianza dello sconcertante «analfabetismo ambientale» in cui sta affondando la nostra cultura. Non ci stupiamo allora che vengano continuamente scambiati cani (o addirittura volpi) per lupi, o che ogni anno vengano uccisi migliaia di rettili a causa dell’odio, largamente ingiustificato, riservato alle vipere e, già che ci siamo, alle serpi in generale. Ma potremmo ovviamente allargare il discorso, e parlare delle api che stanno scomparendo a causa dei nostri comportamenti insensati, mettendo a rischio la produzione agricola dell’intero pianeta e la nostra stessa sopravvivenza, o di tutte le specie estinte o a rischio di estinzione a causa dell’incuria con cui trattiamo i loro habitat.

Per restare sul tema del capriolo, appare ancora più grave come l’ignoranza si spinga al punto di una totale mancanza di consapevolezza circa le più basilari norme di comportamento da adottare in caso di incontro con un selvatico. In primo luogo, non avvicinarsi e non nutrirlo. «Povero, magari bastava dargli un panino». Forse non l’avresti pensata così, se fossi stato consapevole della furia che può scatenare un capriolo impossibilitato alla fuga e in preda al panico. Forse tanti incidenti si potrebbero evitare con un barlume di cognizione in più e magari un pizzico di buon senso. Non si può certo pretendere che a sessanta milioni di italiani venga imposto un corso intensivo sulla convivenza con i selvatici, ma vista la frequenza sempre maggiore di situazioni di questo tipo e i reali pericoli di cui non si parla perché si è troppo occupati a creare allarmismi ingiustificati (con relative ripercussioni sulle specie in questione), sarebbe forse il caso che gli organi preposti a fare informazione si decidessero a fare il loro lavoro: informare.

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